Articolo di Matteo Polimanti
«È un quadrato tagliato da una linea retta, nient’altro.»
Così il signor Gianluca Torelli descrive la città di Gualtieri, «non una vera e propria città bensì un’idea di città, una sorta di progetto urbanistico-teatrale realizzato a metà».
Ci si potrebbe perdere per ore e ore nelle sue lunghe e appassionate divagazioni sulla storia del piccolo borgo in provincia di Reggio Emilia. Sarebbe riduttivo definirlo un semplice bibliotecario, meglio considerarlo una memoria storica del paese, che ne conserva e tramanda l’identità. Come lui tanti altri: il pittore Fernando, che ha voluto omaggiare la tomba di Ligabue nel cimitero comunale con una riproduzione della celebre tigre, l’anarchico Diego, anche lui padre di disegni volti a stimolare un nuovo irriverente immaginario, l’artista Marco Piardi con la sua “Fioregnameria”, piena di bizzari capi d’abbigliamento pronti ad essere indossati da chiunque sia di passaggio. Sono solo alcuni dei curiosi personaggi che popolano questa terra della bassa padana, al confine ultimo fra Emilia-Romagna e Lombardia, costantemente inebriata dagli effluvi del vicino Po.
Questo l’humus dove anche quest’anno, nel Teatro Sociale di Gualtieri, ha attecchito e preso forma il Festival/Concorso di Direction Under 30, giunto alla sua VIII edizione di mutuo soccorso teatrale, terza tappa del #DPinTour2021. Un’edizione anche quest’anno a porte chiuse, riservata alle compagnie in gara e alle due giurie critica e popolare chiamate a riflettere e confrontarsi sugli spettacoli selezionati, ma non per questo avulsa da dinamiche di forte, fortissima apertura relazionale con chiunque abbia portato, da venerdì 23 a domenica 25 luglio, il proprio contributo.
Già, perché tutti hanno preso parte al Festival in questi giorni, anche chi non ha varcato la soglia del teatro, anche chi non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo. Sono stati i ragazzi a raggiungere ognuno di loro, esplorando la città, scovandone gli angoli più reconditi, scoprendone e custodendone i più antichi segreti.
In questo è in buona parte consistito il lavoro della giuria critica, di cui ho avuto la fortuna di far parte, che coordinata dalla redazione di Altre Velocità ha affiancato all’analisi e al confronto quotidiano sugli spettacoli un’opera di perlustrazione e scanzonata indagine sul territorio di Gualtieri, su chi lo abita e chi lo ha abitato, con un pensiero a chi lo abiterà, per arrivare alla pubblicazione nell’ultimo giorno di Festival della fanzine L’insalubre – Storie della bassa. Abbiamo invaso case, popolato spazi timidi e solitari, animato vie silenziose e assolate. E tutto questo per ricordarci e ricordare che alla base dell’evento teatrale c’è innanzitutto la comunità che lo anima, dotandolo di senso, rinfrancandolo e facendone una pratica estremamente necessaria per tutti.
In tre giorni sei diverse compagnie in scena, tutte presenti per l’intera durata del Festival, in un luogo la cui esistenza condensa in sé gran parte della storia del teatro italiano. Ce ne parla fin dal primo giorno il direttore artistico di Direction Andrea Acerbi, partendo dalla nascita dello spazio nella seconda metà del Settecento su iniziativa dell’architetto Giovan Battista Fattori fino all’abbandono negli anni ‘80 del Novecento e al successivo recupero nel 2009, con la nascita dell’associazione del Teatro Sociale di Gualtieri, di cui lo stesso Acerbi fa parte. A loro il merito di averlo riportato alla luce, con la fortunata intuizione di invertirne le antiche logiche spaziali: via le poltrone, lì dove una volta c’era la platea, oggi il palcoscenico, e viceversa. Nasce un teatro ribaltato. E allora, alla fine di ognuno dei sei spettacoli selezionati dalla direzione artistica Under 30, ecco gli attori “scendere in platea”, ribaltare i ruoli e diventare spettatori della loro stessa rappresentazione, per confrontarsi con le due giurie, sottoporsi con simpatia e disponibilità alle loro domande e curiosità, sciogliere i loro dubbi e accogliere le loro critiche. Ma soprattutto per portare avanti tutti insieme una riflessione aperta e partecipata sulle tematiche messe in campo dai singoli spettacoli.
Questi i momenti che si sono rivelati la vera ragion d’essere del Festival, definiti dalle compagnie stesse ben più rilevanti dell’evento spettacolare in sé. Questo il vero premio del Festival, che tutti ci siamo voluti regalare, che tutti abbiamo ricevuto. Oltre ai due già previsti dalla direzione, s’intende: il Premio delle Giurie, vinto dalla Compagnia RMN con lo spettacolo Rimini, che molto ha fatto riflettere sui vizi e le virtù della riviera romagnola, vera e propria industria del divertimento estivo su scala nazionale, e il Premio della Critica, andato a Casa Nostra di Hombre Collettivo, audace narrazione pensata per ragazzi dai 14 anni in su e fatta di sole suggestioni visive, senza cioè fare alcun utilizzo della parola, dell’operazione Stato-Mafia, spartiacque della storia nazionale più recente, che la nostra generazione non ha vissuto.
Per tre giorni Gualtieri si è trasformata in un’oasi felice, dove la creatività, l’intreccio sinergico degli sguardi, degli umori e dei saperi, la voglia di confrontarsi e riscoprirsi, smentire e smentirsi, hanno dato vita a un gioco serissimo, dove ad emergere non è stato soltanto il prezioso lavoro delle compagnie, ma le prospettive di ognuno. Ce ne rende atto Massimiliano Civica, direttore del Teatro Metastasio di Prato, che nella mattinata di domenica 25 ha presentato il secondo numero della rivista di critica teatrale La Falena, in presenza dei co-direttori Maddalena Giovannelli e Lorenzo Donati, invitando tutti a un’ampia riflessione sullo stato attuale del teatro contemporaneo, e trasmettendo una gran voglia di saperne di più, di indagare in profondità, iniziando un nuovo e rinnovato confronto.
Tre giorni al termine dei quali non abbiamo potuto fare a meno di desiderare di trattenerci ancora un po’, per un’ultima passeggiata in golena, un’ultima chiacchierata al bar, un ultimo incontro-scontro fra giurie e compagnie, un ultimo buio in sala. Si torna a casa fieri, soddisfatti, contenti, ma soprattutto emozionati. Ça va sans dire, ci vediamo l’anno prossimo!