Articolo di Barbara Berardi, Clara Lolletti, Matteo Polimanti
Tornare al Teatro India era del tutto Fuoriprogramma.
Nelle serate del 12, 13 e 14 luglio Dominio Pubblico è tornato ad abitare gli spazi del Teatro India – Teatro di Roma, per curiosare all’interno di Fuoriprogramma, il Festival romano di danza contemporanea internazionale giunto alla sua sesta edizione, per la direzione artistica di Valentina Marini.
Geografia delle relazioni il sottotitolo di quest’edizione, in virtù, come si legge nel libretto del Festival, «di un sentire comune che travalica distanziamenti e barriere geografiche, linguistiche, generazionali, architettoniche e sociali.».
In effetti lo spazio del Teatro India, non l’unico in cui si è svolto Fuoriprogramma, che dall’8 giugno al 4 luglio ha esteso la sua programmazione al Quartiere Quarticciolo / V Municipio, in queste tre serate ci è apparso particolarmente vivace.
Dopo un lungo periodo di inattività causato dallo sciopero indetto dal comparto tecnico del Teatro di Roma facente capo al sindacato Libersind Confsal, il Teatro India è tornato a ricoprire le proprie funzioni di teatro pubblico, confermandosi spazio di incontri, riflessioni, e soprattutto di forte aggregazione.
Tra presentazioni di libri, concerti e videoproiezioni ci siamo immersi nel luogo che tanto avremmo voluto veder ospitare il nostro Festival Under 25.
A catturare la nostra attenzione sono naturalmente stati gli spettacoli, svoltisi nell’Arena all’esterno, con una disposizione del pubblico molto particolare, a circondare quasi interamente la grande pedana centrale su cui i diversi ballerini si sono esibiti.
Corpi / Bodies di Diego Tortelli / Aterballetto
Quattro i quadri che hanno composto Corpi / Bodies del coreografo Diego Tortelli, residente presso la Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto, nella serata di lunedì 12.
Quattro diverse coreografie a restituire un forte senso di ordine e armonia. In scena, a fasi alterne, cinque ballerini della Fondazione, a fare dei propri corpi uno strumento universale di comunicazione, per riflettere sui vari spunti suggeriti dalle composizioni: la percezione ordinaria del tempo e l’abbandono all’irrazionale, le diverse accezioni che il gesto eterno dell’abbraccio ha assunto in seguito all’avvento della pandemia, il rapporto fra amore, dipendenza e ossessione, ed altre ancora.
Per noi non è stato tuttavia importante, perlomeno non in un primo momento, ricollegare ai movimenti dei ballerini in scena tutti questi spunti tematici: abbiamo trovato più spontaneo cercare di metterci in ascolto dei loro corpi, in forte sinergia gli uni con gli altri, e di tutte le sfumature di movimento. Ad accompagnare il procedere delle quattro composizioni, uno splendido tramonto davanti ai nostri occhi, a donare una diversa luce all’intera scena, in particolare ai colori molto forti e accesi dei costumi indossati dai ballerini. Al momento degli applausi, ci siamo come sentiti strappati da quella dimensione di calma e profonda serenità generata dallo spettacolo.
La visione di Corpi / Bodies è stata preceduta dall’Incontro con il coreografo, il quale ha dedicato la prima parte della serata alla spiegazione dei principali procedimenti da lui di solito adottati nel lavoro con i ballerini. Tortelli ha insistito molto sulla relazione fra razionale e irrazionale, spiegando come per lui il corpo del danzatore, col quale cerca sempre di confrontarsi per non limitarne la libertà espressiva, si collochi a metà via fra queste due dimensioni esperienziali, in una continua commistione dei linguaggi classico e moderno della danza. Sul palco presenti anche la moderatrice Gaia Clotilde Chernetich e il danzatore Hélias Tur – Dorvault, a eseguire le indicazioni coreografiche via via fornitegli da Tortelli nel corso dell’incontro.
Si è trattato di un format nel quale non avevamo mai avuto modo di imbatterci prima e che abbiamo piuttosto apprezzato, avendoci dato l’opportunità di entrare nel vivo di un simile processo creativo, accompagnandoci nella sua esplorazione.
La serata si è conclusa con una videoproiezione sul muro esterno del Teatro, che ha omaggiato la figura di Ismael Ivo, danzatore e coreografo brasiliano venuto a mancare lo scorso aprile.
Flow di Marco Cantalupo & Katarzyna Gdaniec / Linga
Un organismo vivente pulsante vita ed armonia, i cui elementi fondanti, i danzatori, sono mossi primordialmente da una coscienza unanime: non possiamo fare a meno di rimanere affascinati alla vista di Flow, nella serata del 13 luglio.
In collaborazione con Civitanova Danza Festival, Flow è una recente creazione di Marco Cantalupo & Katarzyna Gdaniec con la compagnia Linga, premiata nel 2019 con il Current Dance Works Award/Swiss Dance Awards. La coreografia, pensata per lo spazio esterno del Teatro India, a causa del maltempo è stata spostata all’interno, non permettendo al pubblico di poter godere dell’accompagnamento musicale dal vivo dell’inedito duo franco-coreano Keda.
Proiettati nella giungla di un immaginario lontano, le dinamiche travolgenti dei movimenti fluidi dei corpi, scossi da pulsioni e tensioni istintive, ricreano una creatura ancestrale, tenuta in vita da un unico respiro collettivo. Un unico flusso di energie unisce i sette danzatori attraverso rapporti di interdipendenza, dove i movimenti dell’uno generano quelli dell’altro.
Prendendo possesso dello spazio lo risvegliano, colmandolo con disegni coreografici dove la danza, come specificato nel programma del Festival, si ispira ai movimenti di gruppi animali, come sciami di insetti, stormi di uccelli e branchi di pesci, mettendo in discussione le dinamiche relazionali che agiscono tra i vari membri di un gruppo.
La partitura musicale, caratterizzata da texture e ritmi di elaborazioni elettroniche contemporanee, con influenze dal blues, dai suoni africani e dall’ambient dei due musicisti Mathias Delplanque e E’Jong-Ju, contribuisce a creare una dimensione ancora più immersiva e seducente.
Flow anima i nostri sensi, ci rapisce estraniandoci totalmente da ciò che ci circonda. I nostri stati d’animo si fondono allo stato dei danzatori: da momenti quieti, in cui i movimenti sono quasi impercettibili, a momenti di sfrenatezza, trasmessi con sregolate corse sul palco.
È una danza rituale sensuale ed elegante che ci ipnotizza, stimolando non solo i nostri corpi, ma anche i nostri pensieri, aprendo le nostre menti. Ci permette di assistere al risveglio di una entità selvaggia e incontaminata e di riflettere sul rapporto tra l’Uomo e la Natura, ribaltandolo, e affermando la supremazia di quest’ultima.
Evolve di Shahar Binyamini / Shahar Binyamini Dance
Nella serata di mercoledì 14 luglio, con il coreografo e performer israeliano Shahar Binyamini, siamo portati a riflettere sul concetto di crescita, Evolve, attraverso due corpi in scena – quelli di Yotam Baruch e Kornelia Lech – che danzano movimenti lenti, spigolosi e misurati in una continua tensione, tra attrazione e repulsione. La musica è un sottofondo ambientale, a tratti impercettibile, su cui i performer sintonizzano il loro respiro, inducendo anche il pubblico a fare lo stesso.
Nell’arena del Teatro India, chi entra si dispone tutto intorno alla pedana centrale mentre il primo danzatore, con una calza in testa che deforma le sue fattezze, è già intento a stare. Ad un primo momento di solo, segue l’entrata in scena di un altro corpo, femminile, che elettrizza l’atmosfera dell’arena al tramonto. I due ora si cercano, si avvicinano con uno sforzo fisico alla ricerca dell’unione, crescono insieme.
Ci dimostrano che l’armonia è la conquista di uno stato di quiete a partire dalla tensione. L’evolversi di quei due corpi, così leggeri eppure così radicati al terreno, lascia il pubblico appeso ad un respiro per l’intera durata dello spettacolo.
Non possiamo che abbandonarci e farci guidare dalla musica che piano piano evolve, dai due ballerini che con i loro movimenti ci portano in una dimensione dal tempo sospeso, grazie ai loro muscoli in tensione e ai loro gesti energici, e alla piacevole aria di luglio che rinfresca una serata al Teatro India.
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Grazie a Fuoriprogramma abbiamo potuto immergerci nel vivo della produzione contemporanea della danza internazionale. Certo non è stato semplice per la maggior parte di noi, non essendone affatto esperti, orientarci all’interno di un simile contesto, ma proprio per questo l’esperienza al Festival è stata ancor più stimolante.Ci siamo resi conto che la danza può modificare sensibilmente e nel profondo un intero contesto, permettendo di avere una nuova percezione del tempo che scorre, dei corpi in movimento, delle infinite possibilità insite nell’abitare uno spazio cambiandone l’identità, delle relazioni che si creano fra i presenti, e stabilendo un ordine intimo fra tutti questi fattori.
Il #DPinTour2021 prosegue e si sposta da Roma. Prossima tappa: Gualtieri!