Articolo di Walter Altamirano, Riccardo Galdenzi, Camille Mormino
«Tutti sappiamo che le parole possono solo mediare la realtà, non definirla. Ma le parole sono anche potenti e hanno un ruolo importante nel plasmare la nostra coscienza e le nostre percezioni».
Così si legge in apertura di un articolo apparso alcuni giorni fa su «Internazionale», che riprendeva una guida all’uso delle parole, scritta nel 2013 da un gruppo anonimo composto da sei giornalisti israelo-palestinesi. Nell’intenzione dei giornalisti, c’era la volontà di spiegare come una stessa espressione possa assumere significati molto diversi in base all’uso che ne fa la comunità israeliana e quella palestinese, comportando interpretazioni errate e conflitti linguistici che sfociano in conflitti di natura polico-sociale.
La comunicazione non è mai un terreno neutrale, per questo è importante scegliere con cura le parole e usarle in maniera consapevole. Citando Nanni Moretti: «Le parole sono importanti: chi parla male, pensa male e vive male».
Proprio sul valore delle parole, si è incentrata la rassegna Stati d’animo a Santa Severa tenutasi al al 14 al 16 maggio, la cui edizione di quest’anno è stata dedicata al tema della paura. Presso il Castello di Santa Severa, fortino di storia lambito dalle onde del mare, si è svolto il laboratorio Provare paura, a cura di Tiziano Panici – attore, regista e direttore del Teatro Argot di Roma -, Valentina Brinis – sociologa, presidente di Be-Pop! e responsabile dei progetti di Proactiva Open Arms – e Omar Rashid – regista, produttore e fondatore di GOLD, marchio di abbigliamento streetwear, casa di produzione di spettacoli in realtà virtuale e agenzia di digital marketing.
Attraverso il loro contributo, la discussione ha toccato questioni importanti come la migrazione, il populismo, la paura, l’odio e l’importanza delle nuove tecnologie.
Il laboratorio ha rappresentato un profondo momento di comunione, in cui le parole hanno fatto da detonatore per l’espressione dei moti interiori dei partecipanti.
Accompagnato dalle musiche di Dario Costa, sound designer e tecnico audiovisivo, Tiziano Panici ha proposto un esercizio di concentrazione e rilassamento, in cui il respiro proprio e quello altrui, associato al suono dello stagliarsi delle onde, ritmava lo sgorgare dei pensieri. Indifesi e nudi, gli uni agli occhi degli altri, i partecipanti hanno abbandonato ogni tensione che si fa veicolo di paura.
Ma i timori intimi del singolo possono essere ampliati a circostanze in cui il terrore dell’ignoto e l’incerta sopravvivenza diventano uno stato collettivo.
Nell’Articolo 14 della Dichiarazione dei Diritti Umani, firmata a Parigi nel 1948, dai paesi delle Nazione Unite si legge: «Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni».
Nel XXI secolo questo diritto è stato fondamentale per la gestione dei flussi migratori in Europa. Sebbene non rispettato sistematicamente, i cittadini europei si sono appropriati di quest’articolo per rispondere a una crisi globale molto forte che ha bisogno, ora più che mai, di risonanza.
Una delle associazioni civili che negli anni si è maggiormente distinta nella difesa dei diritti umani è Open Arms, nata nel 2015 in Spagna allo scopo di aiutare migliaia di persone che salpano dal Nord Africa a sbarcare sulle coste europee. L’obiettivo è portare assistenza a uomini, donne e bambini dispersi in mare. Esponendo il lavoro di Open Arms e di Be-Pop!, associazione da lei fondata per un progetto di divulgazione in materia di diritti umani, Valentina Brinis ha ricordato come la sofferenza che sottende le migrazioni, riguardi tutte le società civili. Imparare a vedere l’altro non una minaccia ma come una porta aperta verso un mondo conoscibile, migliora la coscienza civica e il benessere sociale.
Parlare di diritti umani significa parlare anche di diritti civili e la tecnologia è un mezzo potente e democratico attraverso cui veicolare insegnamenti e informazioni.
In questa direzione muove il lavoro di Omar Rashid, la cui passione per i nuovi linguaggi lo porta, nel 2016, a realizzare insieme all’attore Elio Germano NoBorders VR, il primo documentario italiano che utilizza la tecnologia della realtà virtuale.
La visione di questo documentario ha fatto da filo conduttore tra l’incontro con Valentina Brinis di Be-Pop! sul tema della migrazione e la visione in Virtual Reality dello spettacolo teatrale Segnale d’allarme – La mia battaglia, in cui, ancora una volta, è emersa con forza la riflessione sull’importanza delle parole.
Lo spettacolo, non a caso, è tratto dalla traduzione italiana del Mein Kampf di Adolf Hitler, proposta e camuffata da Elio Germano con una metafora populista che via via si svela nella sua natura dichiaratamente razzista e xenofoba.
Molti inverni sono trascorsi dall’oscura egida nazista, eppure il valore di quel ricordo, rievocato da intelligenti operazioni artistiche come Segnale d’allarme – La mia battaglia VR, si pongono come monito sempreverde per annientare odio e discriminazione.
Perché “insieme” è il solo modo di superare le frontiere.