Riflessioni su La Sposa Prigioniera, Compagnia Nest

Appena ho saputo che gli attori della compagnia erano quasi tutti di Napoli (in particolare del quartiere San Giovanni a Teduccio, zona ad alto tasso di criminalità) il mio interesse è salito drasticamente, ma allo stesso tempo ho cominciato a nutrire del timore. Temevo in quello che io definisco “effetto Gomorra”.

Lo spettacolo inizia e siamo catapultati in una realtà caotica e pulsante: un rave, dove danze scoordinate e droga fanno da padroni.

Isabella, ragazza di origini non napoletane, è sposata con Fabio, membro di un clan camorristico, che ha passato gli ultimi cinque anni in carcere. La storia si snocciola proprio intorno a questo clan, ai suoi membri e a quella che ne sarà, consapevolmente o meno, la sua rovina: Isabella. Il dubbio e la sete di potere e denaro si insinuano tra i personaggi, c’è chi tesse la tela per un complotto e chi vi rimane fatalmente incastrato; Isabella osserva e giudica dal fondo della scena, in alto al suo piedistallo di casse nere, sopraffatta da quel sistema crudele del quale non si sente parte e nutrendo la voglia di scappare.

Il tempo scorre fluidamente, in un equilibrio di coreografie e prosa. Le torce dei cellulari diventano fonte di luce e metafora di una pistola. La recitazione, con un’innegabile preparazione di fondo, è dettata però anche dal vissuto personale dei giovani ragazzi di Napoli, eccezion fatta per Isabella (milanese, scelta dettata anche dalla drammaturgia).

In ultimo, mi preme fare una riflessione personale sull’ “effetto Gomorra” citato prima.

Appena si entra a contatto con un prodotto artistico legato in qualche modo alla criminalità organizzata, il paragone con la serie tv di Sollima è inevitabile, tanto si è radicata questa visione nelle nostre menti: quando vediamo qualcuno interpretare un ruolo legato a questi sistemi, ci tornano in mente personaggi quali Ciro di Marzio e Genny Savastano, anche quando non hanno nulla a che fare con loro.

Quindi la mia domanda è semplice: può lo spettatore essere capace di estrapolare e isolare il fenomeno, prendendo il prodotto di cui sta fruendo come elemento a sé, senza il bisogno di paragonare?

 

Ludovica Labanchi


LA SPOSA PRIGIONIERA

*** SPETTACOLO SELEZIONATO PER LA SESTA EDIZIONE DOMINIO PUBBLICO 2019 ***

un progetto della Compagnia Nest e Cerbero Teatro
regia e drammaturgia Gianni Spezzano
analisi del testo Cristel Checca
coordinamento artistico Adriano Pantaleo, Francesco Di Leva e Giuseppe Gaudino
con Armando De Giulio, Camilla Carol Farias, Emilia Francescone, Lisa Imperatore, Raffaella Nocerino, Gianmarco Orciani, Nunzia Pace, Emanuele Pelosi, Francesco Porro, Vincenzo Sacchettino, Giulia Iole Visaggi
scenografie di Vincenzo Leone
disegno luci Desideria Angeloni
grafica Emanuele Pelosi
coordinamento costumi Giovanna Napolitano
coordinamento organizzazione generale e produzione Carla Borrelli e Valeria Zinno
coordinamento ufficio stampa e comunicazione Valeria Aiello
una produzione #GiovaniO’Nest Nest Napoli est Teatro e Cerbero Teatro
in collaborazione con Progetto Goldstein e Teatro Studio Uno

 

Teatro Studio Uno, 28 febbraio ● 3 marzo 2019